Cineforum Classico del Mercoledi sera ore 21:00 - Alpinismo: la conquista dell’inutile

Le montagne. Nella preistoria legate a riti religiosi e infestate da creature malvage, solo a partire dalla fine del ‘700 divengono mete per uomini e donne che puntano a stabilire un precedente. Non più ascensioni sporadiche da parte di cacciatori o pastori, ma vere e proprie imprese con l’obiettivo ultimo ed esclusivo di raggiungere la vetta. È la nascita dell’alpinismo. Spesso definito “la conquista dell’inutile”, è un’attività che da allora ha spinto generazioni di persone a sacrificare spesso la loro vita “per la vetta”, a tal punto che essa è diventata quasi per definizione la più grande dimostrazione di come l’uomo non cerchi l’impresa solamente per motivi di profitto o strumentali, ma bensì per una realizzazione interiore che, a parere di molti, non ha paragoni in nessun’altra attività umana. 

Esso ha avuto naturalmente un’evoluzione (tutt’altro che lineare come molti possono pensare) che è inevitabilmente andata di pari passo con il progresso tecnologico (per via dei materiali e delle attrezzature). Tuttavia, le grandi imprese (e parliamo di quelle che restano nella mente anche dei profani) sono quelle che non sono dettate da un uso di strumenti sempre più efficienti per raggiungere la vetta, ma sono quelle dettate da scelte etiche. La salita senza corda del Campanile Basso di Preuss nel’11, la salita invernale in solitaria della Nord del Cervino di Bonatti nel ’65, la salita in solitaria dell’Everest senza bombole di Messner nell’80. Queste imprese sono tutte caratterizzate da un’etica ben precisa: quella del rifiuto di mezzi di progressione artificiale: un’etica che, dopo un periodo di decadenza nella prima metà del XX secolo, tornerà in auge, e sarà complice di imprese che trascendono l’umano essere.

Pubblicato il 24/10/2016 alle ore 09:22